La finale olimpica della pallavolo del 1996
La finale olimpica della pallavolo del 1996, quella ad Atlanta, me la ricordo piuttosto bene perché quell’estate ero in un paese in Abruzzo che si chiama Scanno dove non c’era niente da fare, c’erano solo un posto per mangiare gli arrosticini, un minigolf e una sala giochi piena di macchinette che non mi ricordo come si chiamano, quelle in cui ci sono i giochi di carte tipo Las Vegas e che quando vinci, vinci dei gettoni che escono dalla macchinetta che sembra che sei diventato ricco e invece sono solo pochi spicci.
Generazione di fenomeni
E di solito, nei giorni di quella vacanza, dopo aver giocato due volte al minigolf, aver speso un po’ di soldi in quelle macchinette tipo slot machine, ecco come si chiamano, slot machine, e poi aver mangiato una decina di arrosticini, non mi rimaneva molto altro da fare, ma per fortuna c’erano le olimpiadi, e allora mi mettevo a guardare le olimpiadi, soprattutto quando giocava la nazionale di pallavolo, quella di Andrea Giani, Andrea Zorzi, Andrea Lucchetta, Andrea Anastasi, Andrea Gardini che la chiamavano tutti dream team o generazione di fenomeni perché vincevano tutto, mentre io l’avrei chiamata Andrea team o generazione Andrea che c’era mezza squadra che si chiamava Andrea, io non lo so come facevano a capirsi tra loro: «Andrea passami il pallone?». «Ma con chi ce l’hai?», «Con Andrea, dai cazzo, passami il pallone», «Ma Andrea chi?», «Andrea ma vaffanculo» e via così per ore a non capire chi dovesse passare il pallone a chi.
Medaglie bellissime
Poi però una soluzione devono averla trovata perché hanno vinto tre mondiali, una coppa del mondo, otto world league di cui tre consecutive tra il 1990 e il 1992, quattro europei, una world super challenge, che non ho idea di cosa sia ma sembra una roba importante, un torneo ai giochi del Mediterraneo e un argento e un bronzo alle olimpiadi. Che sono due medaglie bellissime, l’argento e il bronzo alle olimpiadi, però quando scendi in campo e tutti ti chiamano la generazione dei fenomeni è perché tutti si aspettano che tu vinca tutto e soprattutto che tu vinca l’oro alle olimpiadi e allora anche un argento e un bronzo possono sembrare meno belli di quello che sono.
Argento
Soprattutto l’argento, preso a quell’olimpiade di Atlanta in cui io ero a Scanno a fare il tifo, è sembrato meno bello. Le prime partite della nazionale, al torneo di qualificazione, l’Italia le vince tutte tre a zero, pure quella contro l’Olanda, che era la squadra più temuta, la rivale a cui fare più attenzione.
Italia-Olanda
In finale ci tocca di nuovo Italia Olanda, è la sfida numero 74 della storia tra le due nazionali. Il primo set lo vince l’Olanda 15 a 12, i set nel 1996 erano ancora a 15 punti, non come ora. Nel secondo set l’Italia gioca benissimo e vince facile, nel terzo strappa un 16-14. Ma nel quarto vince di nuovo l’Olanda e si va al tie break. All’epoca c’era il tie break perché i punti si facevano col cambio palla, non come ora che c’è solo il tie break e non avrebbe senso fare un tie break per decidere chi vince la partita.
Match point
Fatto sta che al tie break l’Olanda ha il primo match point ma lo spreca. Poi il match point ce l’ha l’Italia ma lo spreca anche l’Italia. Il match point poi torna all’Olanda e quel punto Andrea Giani prova a schiacciare su un’alzata lunga che veniva fuori da un’incomprensione che a sua volta era il risultato di una ricezione sbagliata e quindi Andrea Giani prende l’asta della rete, la palla è fuori e l’Italia è argento. Io ci sono rimasto talmente male di quell’argento che avrei voluto fare qualcosa di plateale per mostrarlo a tutti il dolore che provavo, però lì, a Scanno, non c’era molto da fare, nessuno c’avrebbe fatto caso al mio dolore plateale, e allora sono tornato a casa a leggere un libro.