«La Colombo è una strada senza fine che non rivela mai nulla, correre diventa una sorta di facoltà automatica che l’atleta è in grado di ripetere per un tempo impossibile da calcolare. Soltanto questo ci dà la forza della disperazione: più che brillare cerchiamo di durare; cerchiamo un secondo respiro e poi un terzo nel silenzio di un mondo raffreddato dall’innocuità della strada, dal tedio dei suoi margini. Perché ogni maratoneta batte la distanza, o almeno così dicono».
Sylvain Coher, Vincere a Roma. L’incredibile impresa di Abeba Bikila, 66thand2nd, p. 39.