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Sinner quando gioca

Sinner quando gioca

Sinner quando gioca mi emoziona come quando c’erano le partite dell’Italia ai mondiali quando l’Italia ancora giocava i mondiali. O anche come quando c’era Schumacher alla Ferrari e la Ferrari ancora vinceva i mondiali. Io non l’ho mai seguita la Formula 1, mi annoia guardare delle macchine che girano in pista, e poi non so niente di motori, ma quando Schumacher correva per la Ferrari ci sono state delle volte che mi sono svegliato di notte, o di mattina presto, per vedere la partenza di un gran premio. Solo la partenza, poi dopo mi rimettevo a letto.

Anche di tennis non so niente

Anche di tennis non so niente, l’ho seguito per un po’ di tempo negli anni Novanta, ma poi basta. Mi ricordo, di quel periodo, una partita agli internazionali d’Italia, una partita famosa, Omar Camporese contro Boris Becker, più di cinque ore a tifare, con Camporese che va sotto due set, tutti e due persi al tie break, poi ne vince due di tanto a poco, così tanto a poco che sembra possa fare l’impresa e invece l’impresa non la fa e io e altri cinquanta milioni di italiani ci rimaniamo malissimo.

Ci sono rimasto malissimo

Come ci sono rimasto malissimo anche qualche anno dopo, quando Vavra ha segnato il 3 a 1 in Roma Slavia Praga e la Roma è uscita dalla coppa Uefa, o quando Baggio ha sbagliato il rigore a Pasadina, o quando Di Biagio ha preso la traversa a Francia 98 e si è buttato a terra, all’indietro, con le mani sulla faccia. O quando Luna rossa ha perso la finale all’America’s cup. O quando la nazionale di Pallavolo, quella di Zorzi, Giani e Gardini, ha perso la finale olimpica con l’Olanda, nel novantaquattro, che a me sembrava impossibile che quella squadra potesse perdere una partita.

Ci dovevano saper giocare, a pallavolo

Certo, un po’ me lo immaginavo che se gli olandesi erano arrivati in finale, a pallavolo ci dovevano saper giocare pure loro, però non me lo aspettavo che potessero battere Zorzi, Giani e Gardini (e Bracci e Gravina e Cantagalli). L’allenatore di quella nazionale era Velasco, che ora le olimpiadi le ha vinte con la nazionale femminile, e sono degli anni che fa certi discorsi motivazionali che ogni volta che li sento mi viene da pensare che un essere umano, dopo aver ascoltato un discorso motivazionale come quelli che fa Velasco, è impossibile che perda qualcosa come una finale olimpica, o anche una cosa più semplice come le chiavi di casa).

Questa lacuna

Col tennis, questa lacuna di non sapere niente di tennis e dei giocatori di tennis, la compenso un po’ guardando, prima delle partite, la classifica ATP, e allora se Sinner gioca contro Christopher Eubanks, che è numero 62, sono moderatamente tranquillo; se gioca con Bel Shelton, che è numero 14, comincio a percepire un po’ di tensione, nelle ore prima della partita; se invece deve incontrare Medvedev o Alcaraz o Djokovic o Zverev, che so che sono fortissimi anche senza che controllo la classifica ATP, allora divento molto teso e soffro sia prima della partita che durante. Durante è un’agonia.

Per distrarmi

A volte, per distrarmi, faccio qualche commento tecnico generico, con gli amici che sono con me, davanti al televisore, dico delle cose sulla potenza, sul rovescio a due mani. Il più delle volte faccio riferimento alle partite che ho visto negli anni Novanta, soprattutto parlo di Agassi, che era il mio preferito ai tempi, faccio riferimento alle cose che ho letto in Open, la sua autobiografia, agli aneddoti, alle leggende su di lui, sui suoi allenamenti, sui suoi capelli, sul suo stile di gioco. Poi finisco di parlare, guardo il risultato, guardo la partita, e riprendo a soffrire.